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Entrare nelle posture non significa “farle”

Oggi lo yoga è diven­ta­to una gran­dis­si­ma moda che toc­ca mag­gior­mente la sfera dell’apparire, del­la per­for­mance, dell’estetica. Il suo ambito oggi attiene molto e direi sem­pre di più all’esteriorità e sem­pre meno all’interiorità. Le pos­ture sono in ven­di­ta un tot al kilo, come i tap­pe­ti­ni e gli indu­men­ti ded­i­cati. Lo yoga è spin­to con sem­pre più forza nel ric­co e com­mer­ciale mon­do del fitness.

Ecco che è gius­to chiarire che lo yoga non “si fa”  ma “si prat­i­ca” e le pos­ture non “si fan­no” ma si pro­va ad entrar­ci:  ques­ta è la pratica.

La pos­tu­ra è una por­ta, una pos­si­bil­ità per accedere al cen­tro del cor­po fisi­co, di quel­lo emo­ti­vo e al cen­tro del cor­po spir­i­tuale. Non si può “far­la”: ci si entra oppure non ci si entra. Entrare nel­la pos­tu­ra poi non ha nul­la a che vedere con la pos­si­bil­ità di rag­giunger­la in modo per­fet­to gra­zie a una agilità o forza fisica.

Entrare nel­la pos­tu­ra inizia con la pre­ci­sione e il rig­ore fisi­co, con la grat­i­tu­dine nei con­fron­ti di tut­ti i maestri che ci han­no tra­manda­to nei sec­oli una sim­i­le pos­si­bil­ità di cresci­ta.  Con l’utilizzo di una res­pi­razione sem­pre meno mec­ca­ni­ca ma pro­l­un­ga­ta sia nel­la fase di inspiro che di espiro; è il riv­ol­gere lo sguar­do all’interno e ascoltare pazien­te­mente le par­ti del cor­po che entra­no in tensione.

E’ asso­lu­ta­mente indipen­dente dal­la capac­ità di flet­tere o meno una cav­iglia o un’anca al suo mas­si­mo. Che si tocchi­no le ginoc­chia oppure le cav­iglie o gli allu­ci in Paschi­mot­tasana poco impor­ta. E’ il modo di entrar­ci che con­ta, è l’attitudine che fa la dif­feren­za, è un donar­si sen­za cal­co­lo e sen­za ego, entran­do in intim­ità con il nos­tro sé pro­fon­do sen­za alcu­na vio­len­za ne prete­sa ma con estrema dol­cez­za e attenzione.

Nes­sun movi­men­to mec­ca­ni­co anche se per­fet­ta­mente ese­gui­to por­ta a questo sta­to di dial­o­go inter­no; ogni mil­limetro del nos­tro cor­po è col­le­ga­to al tut­to, nes­sun mus­co­lo o ten­dine viene igno­ra­to ma ascolta­to e con cal­ma rilas­sato e allun­ga­to al suo mas­si­mo sen­za super­are il suo lim­ite fisi­co ma superan­do invece ogni vol­ta il nos­tro lim­ite mentale.

Le pos­ture ci ren­dono più elas­ti­ci e più for­ti su tut­ti piani, fisi­co, emo­ti­vo e spir­i­tuale. L’ego ci è utile come stru­men­to per perseguire molti obi­et­tivi ma sul tap­petino esso deve nec­es­sari­a­mente cadere a ter­ra come il sudore, diver­sa­mente non fare­mo molti pas­si avan­ti, ballere­mo sem­pre le stesse musiche, avre­mo sem­pre le stesse prob­lem­atiche fisiche, emo­tive e spir­i­tu­ali. Il mae­stro Fer­rero Wal­ter dice­va “Se state usan­do l’ego non state prat­i­can­do yoga”.

Come dice il mae­stro Philippe De Fal­lois “entrare in una pos­tu­ra è par­tire per un viag­gio, meglio par­tire leg­geri e sen­za pesi, solo in questo modo rius­cire­mo ad andare lon­tani”.

 

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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