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La natura potrebbe sembrare il luogo migliore dove praticare yoga: in riva al mare, su un bellissimo prato, in riva a un fiume, in cima a un monte. Praticare yoga all’aria aperta può essere un’esperienza meravigliosa in quanto l’energia del luogo entra vigorosamente in noi. Ma perchè questa comunione tra esterno ed interno avvenga, potenziando la nostra pratica come carburante, è necessario un abbandono non sempre facile da ottenere, soprattutto se si pratica da poco o se siamo particolarmente tesi.
La luce può essere aggressiva, il pavimento non regolare, troppo freddo, umido, scivoloso o tenero, gli insetti desiderosi di appoggiarsi sui praticanti. Il rischio è che la mente, anziché entrare nelle asanas e nella pratica, resti maggiormente in superficie come sorvegliante o guardiano; questo avviene anche ai praticanti non adeguatamente aiutati nelle prime esperienze. In questi casi l’idillio atteso può velocemente trasformarsi in un disagio, talora anche profondo, e senso di allerta.
La pratica necessita di uno spazio protetto come di un tempo protetto. E’ molto importante che questo spazio sia semplice e pulito in tutti i sensi, pulito fisicamente e senza tanti oggetti. Anche il praticante si dovrebbe in un certo modo “ripulire”; per fare ciò il simbolico atto di sciacquarsi i piedi e la mani sono già sufficienti, ovviamente quando è possibile fare una doccia prima di praticare è decisamente l’ideale. Sempre nell’intento di “ripulirsi”, togliersi gli indumenti con i quali siamo stati in giro tutto il giorno per indossarne dei nuovi diventa un importante gesto con il quale lasciare fuori dalla stanza di pratica le nostre preoccupazioni e in molti casi quella frenesia, velocità e ansia di prestazione che ci accompagna nel lavoro.
Non trovo che abbia senso portare in sala di pratica, borse borsette e se possibile sarebbe utile togliere tutto il superfluo, come i gioielli, in particolare quelli ingombranti e voluminosi, gli orologi soprattutto per quello che rappresentano. Alle donne consiglio di fare a meno anche del reggiseno che possiamo sostituire con magliette aderenti per non creare un blocco energetico a livello del torace durante il respiro profondo. Lasciamo questi oggetti insieme ai vestiti e alle nostre identificazioni e ruoli sociali ad aspettarci fuori dalla sala di pratica.
Anche il tappetino e le calze, la maglietta, i mattoni, le cinghie e i fazzoletti non dovrebbero essere abbandonati disordinatamente e buttati a caso per terra ma disposti con un certo ordine come se ci fosse l’attesa di un ospite importante, o come se ci dovessimo fare un selfie (per essere più attuali), un modo per dare a noi stessi il nostro meglio e non a Facebook o a Istagram.
Si tratta di un luogo dove nutrirci, proteggerci, ascoltarci e volerci bene
La nostra sala di pratica sarà quindi pronta. Per non dover pensare al tempo possiamo mettere un brano musicale che abbia una durata definita, oppure una sveglia. Recarsi in a un corso di yoga è certamente la cosa migliore da fare in quanto la sala sarà interamente dedicata alla pratica e a noi psicologicamente neutra; inoltre lasciarsi guidare dall’insegnante attraverso le posture che avrà scelto per noi è il modo migliore per entrare nella pratica nel miglior modo possibile: affidandoci e lasciandoci guidare. Diversamente saranno importanti non solo il luogo e il tempo giusto ma la costruzione di una sequenza di posture equilibrata e idonea per le nostre esigenze e non presa da un cd o video qualunque.