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La ripetizione delle posture

Nel­lo yoga esistono un’infinità di asanas e vari­anti, con nomi in san­scrito, talo­ra anche com­ple­ta­mente diverse a sec­on­da del­la scuo­la di prove­nien­za e dell’insegnante.

Esistono approc­ci diver­si; alcu­ni maestri insistono sulle asanas fon­da­men­tali e ripetono le lezioni qua­si sem­pre con le stesse pos­ture talo­ra anche nel­la stes­sa iden­ti­ca sequen­za. Per anni ho fre­quen­ta­to lezioni di questo tipo, pri­ma le pos­ture in pie­di tra le quali non mancher­an­no i vari tri­an­goli  (trikonasana) e le  clas­siche posizione del guer­riero ( virab­hadrasana 1, 2, 3), even­tu­ali equi­lib­ri con l’albero ( vrkasana) o il dan­za­tore ( natarajasana).

Oppure aper­tu­ra con i salu­ti al sole ( Surya Namaskara) a veloc­ità e ripe­tizioni variabili.

Poi le pos­ture a ter­ra fra cui  sem­pre pre­sen­ti Malasana, Gianusir­shasana, Pachi­mot­tasana, segui­te o pre­ce­dute da Bhu­jan­gasana (cobra) o Dha­nurasana (arco) come com­pen­sazioni in esten­sione. Per con­clud­ere con le capo­volte Alasana, Salam­basar­van­gasana o Sirshasana.

La ripe­tizione non mi è mai dispiaci­u­ta; prove­nen­do io dal­la dan­za clas­si­ca, la preparazione con tut­to il lavoro alla sbar­ra era una ripe­tizione che ave­va e avrà sem­pre il suo per­chè oltre che il suo fas­ci­no. Nel­lo yoga ti con­sente di conoscere sem­pre piú quel­la speci­fi­ca pos­tu­ra e di entrar­ci con sem­pre mag­gior con­fi­den­za e intim­ità. Ogni min­i­mo gesto e pas­sag­gio per rag­giunger­la viene in un cer­to sen­so inte­ri­or­iz­za­to e mem­o­riz­za­to in pro­fon­dità. Ad ogni ese­cuzione e ripe­tizione è come se il cor­po, anzi ogni cel­lu­la, avesse un tas­sel­lo in più per pro­cedere nel­la gius­ta direzione.

Esistono poi  quei maestri che non fan­no una lezione uguale alla prece­dente, rib­al­tan­do com­ple­ta­mente anche la costruzione dell’intera lezione, attin­gen­do a vari­anti di pos­ture fon­da­men­tali davvero mag­ni­fiche e proce­den­do nel­la direzioni anche di quelle par­ti­co­lar­mente dif­fi­cili o com­p­lesse come pun­to di arri­vo del­la sequen­za stes­sa. Ovvero ogni asanas prepara quel­la suc­ces­si­va  e la pos­tu­ra dif­fi­cile e com­p­lessa mag­a­ri mai fat­ta viene affronta­ta con pas­sag­gi pro­gres­sivi  e step che la ren­dono acces­si­bile anche solo parzial­mente a tutti.

Quest’ultimo è un lavoro total­mente diver­so rispet­to al prece­dente, dove la memo­ria e l’intelligenza pro­fon­da non si ritrovano sedu­ta dopo sedu­ta ( se non dopo anni) ma si devono costru­ire un po’ alla vol­ta in quan­to, nel pro­cedere nel­la direzione del nuo­vo, dovre­mo sco­prire ogni vol­ta e capire come muover­ci al meglio.

In ques­ta con­dizione è molto impor­tante essere ben gui­dati ver­bal­mente sui pas­sag­gi e sui det­tagli min­uziosa­mente sve­lati dall’insegnante per evitare di entrare in modo scor­ret­to nel­la pos­tu­ra. Una pos­tu­ra mal prat­i­ca­ta e nel­la quale si entra in modo scor­ret­to non è una pos­tu­ra e il lavoro di apprendi­men­to inter­no suc­ces­si­vo non si potrà raggiungere.

Con il tem­po però le pos­ture meno clas­siche diven­ter­an­no anch’esse ben conosciute e offriran­no una sor­ta di ampli­a­men­to a quelle già note allargan­do l’orizzonte di ques­ta mag­nifi­ca avven­tu­ra in movi­men­to che è la prat­i­ca del­lo Yoga.

 

 

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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