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L’assenza di competizione non significa non migliorare

Si trat­ta di un argo­men­to fon­da­men­tale spes­so mal­in­te­so da molti prat­i­can­ti di yoga come in altri campi tra cui quel­lo sco­las­ti­co ed educa­ti­vo; incor­ag­gia­re sem­bra lo slo­gan uni­di­rezionale del­la mag­gio­ran­za degli attuali ind­i­rizzi ped­a­gogi­ci dove non rius­cire oppure sbagliare pare diven­ta­to un tabù.

Un aspet­to non esclude l’altro in nes­sun modo in nes­sun aspet­to umano. Oggi si dà un gran val­ore pos­i­ti­vo all’autostima, al val­oriz­zare i tal­en­ti e si attribuisce un val­ore neg­a­ti­vo qua­si asso­lu­to alle parole quali “criti­care“, “penal­iz­zare gli errori“, “non rius­cire” o “fal­lire una pro­va“.

La vita è fat­ta dell’uno e dell’altro, di tal­en­ti da svilup­pare e di debolezze da rin­forzare oltre che da osser­vare e di cui pren­dere atto.

Per alcu­ni saran­no per esem­pio le pos­ture che neces­si­tano di forza sulle brac­cia quelle più dif­fi­cili, come per esem­pio tutte le vari­anti dei planks all’americana o dei ghet­teurs alla francese o dei Padasana. Par­tendo da Utthi­ta con appog­gio sulle due mani e sui due pie­di, alla vari­ante con un piede sopra l’altro, oppure a quel­la con appog­gio dei soli pol­pas­trel­li, come all’appoggio di una sola mano restando in Tri Padasana che con l’aggiunta di una rotazione del bus­to diven­ta Vakra Tri Padasana  oppure sul fian­co Bahu Padasana e che con un ulte­ri­ore rotazione in avan­ti diven­ta Vipari­ta Vakra Tripo­dasana in ques­ta posizione tut­to il cor­po è gira­to ver­so l’alto in appog­gio sui tal­loni e su un sin­go­lo brac­cio teso. Tutte queste, com­p­rese la famosa pos­tu­ra di Chat­u­ran­ga Dan­dasana sono pos­ture che neces­si­tano di una grande forza sulle brac­cia e di una notev­ole sta­bil­ità degli addom­i­nali e dei mus­coli del tron­co e sono assai dif­fi­cili da man­tenere nel tempo.

Per altri quelle che risul­ter­an­no più dif­fi­cili da prati­care saran­no le pos­ture che neces­si­tano di elas­tic­ità dei mus­coli addut­tori, oppure di una notev­ole elas­tic­ità del­la colon­na ver­te­brale, oppure delle ginoc­chia e delle cav­iglie . Questo solo per fare un esem­pio e spie­gare che per ogni prat­i­cante esiste la pos­tu­ra e le pos­ture nel­la quale e nelle quali fat­i­ca anche molto ad entrare.

Come nel­la vita, come sui banchi di scuo­la, anche in una classe di yoga avre­mo eser­cizi che riescono bene ed altri che fac­ciamo con fat­i­ca o che non rius­ci­amo a fare. Ovvi­a­mente seguen­do una lezione di grup­po ci capiterà un po’ di tut­to, sem­pre che l’insegnante non sia fos­siliz­za­to sulle poche pos­ture che rius­ci­amo a prati­care sen­za grosse dif­fi­coltà. Riten­go che un buon inseg­nante deve cer­ta­mente lavo­rare sui fon­da­men­tali ma poi spaziare in tutte le direzioni facen­do sper­i­menta­re vari­anti e dif­fi­coltà cres­cen­ti per tut­ti i liv­el­li. Non si trat­ta di una com­pe­tizione, di una gara a chi è più acro­bati­co o per­for­mante come si vede in molte clas­si di yoga soprat­tut­to Ash­tan­ga, ma di un lavoro com­ple­ta­mente diver­so per guardar­si e per miglio­rare se stessi.

Quan­do la sequen­za di lavoro quo­tid­i­ano è ese­gui­ta indi­vid­ual­mente quali Asanas van­no mes­si nel­la Sad­hana, quelle che rius­ci­amo a prati­care con facil­ità oppure quelle dif­fi­cili? Per il mio per­son­ale modo di vedere le cose riten­go che avere lo sguar­do ben focal­iz­za­to sul nos­tro anel­lo più debole sia il miglior modo per crescere. Se alcune pos­ture sono, per così dire, nat­u­rali e prat­i­ca­bili con facil­ità e pro­fon­dità, lavor­eran­no mag­gior­mente sul­la sod­dis­fazione nel­la loro ese­cuzione. Vicev­er­sa quelle più dif­fi­cili lavor­eran­no su bloc­chi indi­vid­u­ali, non impor­ta il rag­giung­i­men­to finale del­la pos­tu­ra a noi dif­fi­cile ma il per­cor­so per entrar­ci, non già per com­petere con noi stes­si e neanche per fare bel­la figu­ra con l’insegnante oppure i com­pag­ni di prat­i­ca ma per rin­forzare una debolez­za di cui abbi­amo pre­so coscienza.

Nel tem­po lim­i­ta­to di una Sad­hana gior­naliera è a mio parere buona cosa inserire anche pos­ture che rin­forzi­no l’anello più debole del­la nos­tra per­son­ale cate­na qualunque esso sia, lavo­ran­do pazien­te­mente e dol­cemente sui nos­tri bloc­chi interni oltre che esterni. L’obiettivo è di crescere pas­so dopo pas­so, in sta­bil­ità fisi­ca ed emo­ti­va e rag­giun­gere il nos­tro centro.

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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