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La mia postura preferita: bhujangasana

Ognuno di noi prat­i­can­ti di yoga o yogi­ni, come alcu­ni amano definir­si,  possiede una par­ti­co­lare predilezione per una speci­fi­ca pos­tu­ra. Talo­ra per una intera famiglia di pos­ture sim­ili tra di loro ma una svet­ta sem­pre tra le altre; la notra preferi­ta. Di soli­to la nos­tra pos­tu­ra preferi­ta è quel­la che riesce sen­za gran­di dif­fi­coltà rega­lan­do­ci sen­sazioni for­ti e piacevoli in modo veloce. Il nos­tro cor­po quan­do entra in ques­ta pos­tu­ra si sente a casa, spon­tanea­mente si allen­tano tutte le ten­sioni fisiche e resisten­ze psichiche, si accede sen­za dif­fi­coltà ad un piacere  fisi­co ed emo­ti­vo che appar­tiene anche a una sor­ta di conoscen­za inti­ma. Come con un amante con­sol­ida­to  l’insieme cor­po-mente-emozioni entra subito in sin­to­nia, sa da subito che tasti toc­care per rag­giun­gere quell’armonia di cui tan­to abbi­amo bisog­no. Ecco che la frase “prac­tice make it per­fect” acquista il suo pro­fon­do sig­ni­fi­ca­to.  Ad ogni ripe­tizione si pro­duce il  mira­co­lo,  uno alla vol­ta i det­tagli diven­tano fram­men­ti di un puz­zle che riesci a ricom­porre e talo­ra a sezionare con estrema pre­ci­sione e apprez­zare nel­la sua total­ità d’insieme e di vis­su­to reale e ripetibile, ogni vol­ta come fos­se la pri­ma vol­ta ogni vol­ta come fos­se la migliore.

Fare quel­la pos­tu­ra ti dona ogni sin­go­la vol­ta piacere fisi­co, emo­ti­vo e men­tale e tu lo sai bene; far­la rin­forz­erà sicu­ra­mente il tuo ego da un lato ma sen­za ombra di dub­bio quel rap­por­to tra te e la pos­tu­ra è yoga, è esat­ta­mente quel­lo che lo yoga quan­do è ben fat­to è capace di regalare; ti nutre, ti fa sen­tire bene, ti armo­niz­za, ti rilas­sa, ti tonifi­ca, ti fa entrare in con­tat­to con  la tua parte inte­ri­ore. E allo­ra ben ven­ga anche l’ego purché lo si ten­ga d’occhio affinché non si svilup­pi ma fac­ciamo­la per Dio ques­ta asana del cuore, per­ché questo è un rap­por­to d’amore vero. Come ho già det­to nel­la Sad­hana per­son­ale potrebbe aver sen­so met­tere le pos­ture che a noi richiedono mag­gior impeg­no ma anche la preferi­ta, un sano equi­lib­rio tra yin e yang è sicu­ra­mente auspicabile.

La mia pos­tu­ra preferi­ta è Bhu­jan­gasana, il cobra e sua sorel­la Urd­ha Muk­ka Svanasana; in entrambe è richi­es­ta una grande flessibil­ità lom­bare e disc­re­ta forza dei mus­coli esten­sori del rachide. Ques­ta pos­tu­ra nel­la scuole di B.K.S Iyen­gar è prat­i­ca­ta con la tes­ta e il rachide cer­vi­cale in esten­sione mas­si­ma sia in parten­za che nel­la fase che pre­cede il rien­tro, men­tre nel­la scuo­la di Nil Hahout­off  il rachide cer­vi­cale res­ta allineato per tut­ta la dura­ta dell’esecuzione. Si trat­ta di una dif­feren­za impor­tante che ritro­vi­amo in numerose altre pos­ture ma che alla fine non mod­i­fi­ca la pos­tu­ra finale da raggiungere.

Per il mae­stro Philippe De Fal­lois si entra in Bhu­jan­gasana par­tendo da Urd­ha Muk­ka Svanasana; ne con­segue che si inizia ovvi­a­mente da proni con una forte atti­vazione delle brac­cia in esten­sione come per fare un plank o ghet­teur alla francese o una vari­ante di Padasana ma sen­za che gli addom­i­nali sostengano il resto del cor­po in allinea­men­to, i pie­di  restano in esten­sione  e le gambe e le cosce saran­no soll­e­vate di pochi cen­timetri dal suo­lo toniche ma con i glutei rilas­sati. Da ques­ta pos­tu­ra scen­der­e­mo con le cosce e le gambe a ter­ra e flet­ter­e­mo di pochi gra­di i gomi­ti man­te­nen­do il trat­to cer­vi­cale allineato e il trat­to dor­sale ben aper­to in esten­sione lom­bare massima.

Per il mae­stro Iyen­gar invece si entra in Bhu­jan­gasana usan­do una esten­sione atti­va di tut­to il rachide ver­te­bra dopo ver­te­bra par­tendo dalle prime cer­vi­cali per finire alle ultime lom­bari, l’idea è quel­la che le brac­cia si devono usare il meno pos­si­bile ( ipoteti­ca­mente si potrebbe salire sen­za le brac­cia) è la forza dei mus­coli esten­sori del rachide il ful­cro del­la pos­tu­ra. E l’attenzione si muove sia in sali­ta che in disce­sa sul­la mobil­ità di ogni sin­go­la ver­te­bra, come per roto­lare e sro­to­lare una cate­na dove ogni anel­lo rap­p­re­sen­ta una ver­te­bra. Ecco che nel­la parten­za muover­e­mo pri­ma il  naso poi il men­to ver­so l’alto,  con le spalle anco­ra com­ple­ta­mente a ter­ra, solo suc­ces­si­va­mente man­te­nen­do la tes­ta in esten­sione mas­si­ma, come attac­ca­ta a un’immaginaria ruo­ta, e le restanti ver­te­bre seguiran­no nel movi­men­to di esten­sione. Le brac­cia accom­pa­g­nano il movi­men­to fino ad un’estensione parziale dei gomi­ti. Solo alla fine la tes­ta si rad­driz­za alien­an­do il col­lo e man­te­nen­do lo sguar­do ante­ri­ore. Per uscire dal­la pos­tu­ra si riparte dal­la tes­ta che si estende nuo­va­mente indi­etro pri­ma di pro­cedere a una disce­sa ver­te­bra dopo ver­te­bra par­tendo dalle lom­bari per finire alle cervicali.

In entrambe le tec­niche un pun­to fon­da­men­tale res­ta nel las­cia­re rig­orosa­mente il baci­no a ter­ra ele­van­do il tron­co più pos­si­bile; un errore clas­si­co è quel­lo di soll­e­vare il baci­no; in tal caso è meglio pro­cedere con una pos­tu­ra più sem­plice come la sfin­ge det­ta Salam­ba Bhu­jan­gasana. Un sec­on­do pun­to fon­da­men­tale è quel­lo di tenere i gomi­ti pie­gati restando ben vici­ni ai fianchi immag­i­nar­i­a­mente si dice “come se volessi­mo met­tere le mani in tas­ca” in questo modo le spalle saran­no abbas­sate al mas­si­mo con le scapole vicine tra di loro e il col­lo ben allungato.

Un pos­tu­ra mag­nifi­ca che lavo­ra su tut­to il rachide, rin­forzan­do la mus­co­latu­ra esten­so­ria e facen­do scor­rere con vig­ore l’energia  dal­la tes­ta fino al sacro, riscal­dan­do la regione lom­bare e i reni e l’energia vitale tutta.

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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