Come esiste una postura del cuore nella quale si entra come invitati da un amico del cuore, esistono anche delle posture che consideriamo per noi come praticamente irraggiungibili. Un peccato escluderle dalla nostra pratica a priori per evitare delusioni o di farsi male.
Lavorando con dolcezza e attenzione sul fisico e soprattutto sulla nostra mente, che molto più delle nostre articolazioni e tendini oppone la sua fiera resistenza, anche queste temute posture si possono raggiungere se non nella forma completa magari nelle loro varianti facilitate. Questo tipo di lavoro può rivelarsi di grande utilità per abbattere il preconcetto mentale del raggiungibile e non raggiungibile e renderci elastici non solo con il corpo.
Sul fronte fisico dovremo insistere con gli esercizi giusti e mirati, e posso affermare per esperienza che se tutta una lezione è volta al raggiungimento di una determinata postura complessa come chiusura della lezione, quando guidata con maestria e conoscenza dall’insegnante, si potrà assistere a una sorta di miracolo. Perché il corpo è davvero come un bambino e se ben guidato, con pazienza e reale amorevolezza lui segue e vi stupirete dell’assenza di capricci, perché quelli sono sempre figli della mente.
E la mente il vero ostacolo, il “non posso”, la paura del fallimento e talora anche il confronto inconsapevole con compagni che magari scivolano in postura come nel burro. Quando il piacere di una lezione ben condotta, fa strada nel nostro emotivo superiore e nel nostro mentale superiore ci stacchiamo miracolosamente da questi schemi emotivi e mentali e possiamo accedere al nuovo, con più facilità che se avessimo fatto 300 volte il tentativo di entrare nella suddetta postura nella settimana o mese precedente.
Nella pratica dello Yoga infatti l’allenamento inteso in modo classico nella ginnastica è qualcosa di diverso. Si possono fare salti in avanti anche dopo un periodo di limitata pratica fisica e questo non smette di stupirmi soprattutto come ex ballerina classica. Quando dicevo che la postura non si fa ma ci si entra ebbene talora la porta è stretta e a noi nascosta e attraverso un aiuto che può arrivare ovviamente dal maestro che conduce la lezione, ma anche dal vostro maestro interiore la porta può diventare visibile e quindi accessibile. Potremo anche solo aprire la porta e non riuscire ad entrare ma avremo fatto un passo in quella direzione come non eravamo mai riusciti prima.
Diverse sono le posture nelle quali ho provato personalmente questo passaggio da impossibile a possibile, fra queste Padmasana. Raggiungere Padmasana non vuol dire riuscire a farla; in questa postura più che mai se non ci entri puoi resistere solo pochi secondi e poi mollare subito per l’elevata tensione percepita sulle giunture. Per entrarci e godere della forza di questa incredibile postura è necessario un lavoro profondo anche per le persone apparentemente snodate sul piano fisico.
Le sequenze di posture consigliate per entrare in Padmasana e godere a lungo di questa postura che più di qualunque altra ci fa entrare in contatto con il nostro interiore possono esser tantissime e tutte valide.
La mia proposta è una partenza in piedi con Utkatasana ( detta anche la sedia) e della sua variante su una gamba sola Padangustha Padma Utkatasana entrambe; tenute a lungo o ripetute lavorano in maniera ottimale sull’articolazione della caviglia che sarà una delle più stressate da Padmasana. A seguire Malasana (l’accovacciata), postura magnifica se tenuta a lungo con le sue diverse varianti o supporti sotto al tallone o sotto ai glutei a seconda della elasticità di anche, ginocchia e caviglie.
Fra le posture sdraiate inizierei con Ananda Balasana ( la postura del bambino felice); le mani affermano dall’esterno entrambi i piedi con caviglie e ginocchia flesse cercando di portare le ginocchia il più vicino possibile alle ascelle (e poi per dirigersi verso il pavimento per gli esperti). Postura solo apparentemente facile ma di grande lavoro sul rachide lombare e sulle anche. Sempre da sdraiati trovo utilissimo il lavoro di extrarotazione dell’anca e la supinazione dei piedi per raggiungere Nirvasana dove si cercherà di portare entrambi i piedi dietro la testa agganciandoli amorevolmente con la cinghia passante per la nuca e le caviglie. Bisogna entrarci dolcemente e con la cinghia gradualmente guadagnare dei centimetri un po’ alla volta. Alla fine quando la cinghia è ben posizionata si ottiene una postura quasi fetale molto rilassante che Philppe de Fallois chiama in francese le fetus lié, estremamente potente nell’allentare le tensioni articolari di caviglie, anche e ginocchia, regione lombare e cervicale e devo dire che in questa postura come in molte posture di flessione dell’intero rachide si allenta qualcosa all’interiore come se il corpo riconoscesse in questa postura un vissuto, una trasformazione, una nascita, non lo so spiegare ma è da provare.
Infine propongo di lavorare da seduti entrando già mentalmente in Padmasana che è la più potente e maestosa delle posture da seduti; inizierei a praticare le diverse varianti di flessione del tronco in avanti con una gamba tesa e l’altra piegata; la mitica Janu Sirsasana nella sua variante classica o nella sua variante di piede in supinato sulla coscia estesa con o senza cinghia e nelle sue varianti di rotazione del tronco Parivritta Janu Sirsasana. Le posture proposte sono solo 7 ma potete ovviamente farne altre a seconda del vostro sentire.
La conclusione in Padmasana dovrebbe essere il momento di abbandono finale, dove poter restare per gustare tutto il lavoro fatto prima, scivolando non solo fisicamente ma soprattutto emotivamente e interiormente. Se il piede non resta o non sale sulla coscia scivoleremo dolcemente da Padmasana a Ardha Padmasana oppure da Ardha Padmasana a Siddhasana oppure nella facile Sukhasana senza alcun attaccamento al non conseguimento di Padmasana ma sentendo che in quella direzione ci siamo mossi. La sequenza giusta di posture assume nel caso di una postura finale da raggiungere complessa, un’importanza fondamentale e ovviamente varia da persona a persona a secondo della sua esperienza e del suo stato fisico e quindi va adattata ad personam ma segue principalmente il concetto di allentare le rigidità fisiche e psichiche che ci impediscono di scivolarci dentro come faremmo con la nostra postura preferita, rendendola in questo modo accessibile e comunque piacevole al di là della nostra difficoltà individuale