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Le mani sono un dettaglio di cui pochi maestri di yoga si occupano. Da un lato le tantissime correzioni e attenzioni fondamentali per evitare errori importanti e dall’altro il desiderio anche di far passare il silenzio e l’ascolto di sé durante le lezioni può impedire il prolungarsi in spiegazioni troppo dettagliate. Ho fatto lunghi anni di danza prima di approdare allo yoga e le mani sono, come spicca nella danza indiana, tutt’altro che un semplice dettaglio.
Si potrebbe dire che l’attenzione e la consapevolezza del corpo in una corretta pratica arrivano ovunque, fino alla punta delle dita appunto. Parlare delle mani é a mio parere utilissimo anche per chi ha iniziato da poco, sia per la forza di interiorizzazione a cui conduce che per la fondamentale protezione sulle braccia (polsi, gomiti, spalle) durante le varie posizioni di carico sulle mani.
Entrando in Vrikshasana, mirabile postura di equilibrio su una gamba (vedi link) l’attenzione delle mani nel Mudra scelto é fondamentale per stabilizzare la postura di equilibrio e radicamento al suolo, questo meccanismo di interiorizzazione avviene anche in Padmasana e in Tadasana che si tratti della fine del saluto al sole oppure della sua preparazione in Namasté. Chiunque potrà confermare che l’attenzione portata fino alle mani ci porta dentro le asanas come se dalle mani si chiudesse la postura, per farci entrare in essa totalmente.
Da poco mi è stato spiegato il metodo esatto con il quale appoggiarsi correttamente sulle mani formando quello che viene chiamato comunemente il Bandha delle mani o Hasta Bandha. Se fatto con attenzione l’appoggio delle mani al suolo può diventare una vera e propria cura di tutte le articolazioni delle braccia, partendo dalle piccole articolazioni delle dita ai polsi, gomiti e spalle. Le posture in carico sulle mani non sono in realtà da evitare in senso assoluto per chi soffre di algie di queste articolazioni ma se fatte senza la giusta attenzione e la sola voglia di competere con il nostro ego, possono invece nuocerci e causare infiammazioni talora severe anche in soggetti giovani e forti.
Ma andiamo per gradi: cosa significa praticare il sigillo delle mani nelle posizioni di carico sulle mani?
Significa in primis aprire e allungare bene le dita; anche solo questo primo aspetto apparentemente insignificante è di per se un rimedio curativo per le patologie artrosiche delle mani. Siamo abituati a non prestare attenzione alle piccole articolazioni delle dita e a non mobilizzarle mai in estensione, negli anni restano spesso inconsapevolmente in semi flessione con secondaria rigidità e accorciamento delle strutture legamentose e tendinee collegate. Ricordo che sono moltissime le posture dello yoga dove l’estensione, l’allineamento e l’apertura attiva delle dita non necessariamente in carico offrono un toccasana potentemente anti aging per la salute delle mani.
Il secondo aspetto di Hasta Bhanda è dato da una sorta di tensione, come se le dita in appoggio volessero chiudersi, tutti i polpastrelli sono in appoggio attivo. Si viene in questo modo a creare al centro del palmo delle mani un’area che viene risucchiata verso l’alto, lasciando il tunnel carpale senza carico. Il carico avviene sui quattro punti del quadrato costituito dal palmo. ( la 2° testa metatarsale monte di Giove , la 5° testa metatarsale monte di Mercurio, l’eminenza tenar – monte di Venere e l’eminenza ipotenar monte della Luna ) e sui 10 polpastrelli.
Se a queste due importantissime attenzioni uniamo il corretto allineamento della linea di flessione dei polsi, che dovrà essere esattamente parallela al bordo anteriore del tappetino, le mani non saranno ruotate a caso ma perfettamente allineate in avanti. Aggiungiamo la corretta rotazione dei gomiti, che non dovranno mai andare in iperestensione, in questa posizione forzata il gomito detto iperesteso ruota patologicamente verso l’interno e la punta del gomito, chiamata “olecrano” guarderà il bordo posteriore del tappetino. L’iperestensione del gomito é una postura errata e fortemente dannosa, responsabile di numerose epicondiliti e peritrocleiti a causa del sovraccarico innaturale su tendini e legamenti. Allineare correttamente i gomiti é di fatto un dettaglio indispensabile; dovremo per fare questo mantenere attivamente la punta dell’olecrano nella direzione del bordo laterale del tappetino. Praticando il corretto allineamento di polsi e gomiti ci accorgiamo immediatamente che è necessaria più forza muscolare e controllo, é quindi indispensabile andare per gradi e aumentare i tempi di pratica con pazienza.
Ma ancora non abbiamo finito: in tutte le posture con carico sulle braccia, che siano tese o piegate, è necessaria una corretta stabilizzazione delle spalle che spingono con forza verso il pavimento e contemporaneamente verso il nostro punto vita ( come se dovessimo mettere le mani in tasca) attiveremo in questo modo il grande rotondo e i muscoli pettorali. Si tratta di una doppia forza tanto per cambiare capace di non farci cadere sulle spalle ma di sostenerci attraverso la forza stabilizzatrice dei muscoli. A questo sostegno si aggiunge ovviamente l’immancabile connessione addominale con il centro del corpo e dal centro dell’addome fino alla punta delle dita dei piedi oltre che alla nostra volontà. Quando tutte queste attenzioni sono correttamente unite, la sensazione di peso e di fatica su polsi e mani sarà nettamente ridotta e la postura facilitata.
Esistono moltissime asanas con carico sulle braccia, la più praticata in assoluto anche se spesso non in maniera corretta, è quella conosciuta come “plank pose” in inglese, “le ghetteur” in francese e in sanscrito ha almeno 3 nomi diversi; Kumbhakasana, Phalankasana, oppure Utthita Chaturanga Dandasana: una confusione forse dovuta al fatto che è stata definita in un secondo tempo come postura vera e propria essendo soprattutto una postura di passaggio. Si transita da Adho Mukha Svanasana oppura da Urdha Mukha Svanasana nel conosciutissimo Saluto al Sole e da e verso Chaturanga Dandasana nel Vinyasa Yoga.
Il maestro Philippe De Fallois propone alcune sue interressanti varianti che non avevo mai praticato prima: la prima lasciando i quattro arti in appoggio ma spostando il peso esclusivamente sui polpastrelli delle mani; si tratta di un lavoro molto difficile, che non avevo mai visto in nessun altro ambiente se non in specifici ambiti dedicati alle arti marziali. La seconda si ottiene sollevando un piede che si inforca tra alluce e il 2° dito sulla caviglia del piede che resta in appoggio, la terza Tri Padasana sollevando un braccio che si posiziona sulla schiena con il dorso della mano sulla regione lombare e la quarta Vakra Tri Padasana sollevando un braccio verso lo zenit e ruotando il busto come in Trikonasana e lasciando le gambe e il bacino più possibile frontali.
Per continuare con i classici in appoggio su un singolo braccio, abbiamo la “side plank”, molto conosciuta anche in Pilates nella variante più semplice girata sul fianco detta Vasisthasana mentre, conosciuta solo ai praticanti esperti nelle sue varianti più complesse, sollevando una gamba tesa afferrandolo l’alluce Eka Pada Vasisthasana oppure piegata in semi loto andando a prendere sempre l’alluce passando dietro la zona lombare Kasyapasana.
Tutte le varianti su un singolo braccio sono ovviamente più difficili e per questo è fondamentale imparare bene i dettagli del sigillo della mano e del corretto orientamento del gomito e stabilizzazione della spalla per lavorare in maniera armonica senza rischiare di generare infiammazioni indesiderate. La variante sui polpastrelli potenzia il sigillo Hasta Bandha ed è utilissima per rinforzare le dita in estensione e proteggere i polsi, ma va fatta con cautela e gradualità.
Un lavoro questo dell’attenzione sulle mani che molti considerano un dettaglio ma di fondamentale importanza per praticare in sicurezza e crescente forza per tutti.