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La memoria delle posture

Mi è cap­i­ta­to spes­so nel cor­so di questi 40 anni di prat­i­ca del­lo yoga, di avere peri­o­di di inten­sa prat­i­ca quo­tid­i­ana e peri­o­di di ridot­ta attiv­ità poco piu che set­ti­manale e sco­prire che anche dopo anni in cui una cer­ta pos­tu­ra speci­fi­ca, mag­a­ri com­p­lessa, non si prat­i­ca più, predili­gen­done altre mag­a­ri più sem­pli­ci, nel momen­to in cui si tro­va il tem­po gius­to per entrar­ci nuo­va­mente con cor­ag­gio e tran­quil­lità anche dopo una lun­ga assen­za l’accoglienza è davvero spettacolare.

Il cor­po viene con­dot­to in modo sor­pren­dente nel­la direzione gius­ta da un sen­tire profondo.

Il sen­tire pro­fon­do però non è figlio del nos­tro ragion­a­men­to e tan­to meno del nos­tro ego camuffa­to da sen­tire, esso si guadagna con tan­to lavoro e soprat­tut­to con tan­ta onestà interiore.

Atten­zione non par­lo di men­tale, accade che con la mente si ricor­di la pos­tu­ra e si desideri riv­iver­la nel  pre­sente restando lon­tanis­si­mi  da quel vis­su­to inte­ri­ore. Il vol­er­lo prati­care con il ricor­do men­tale può essere un grande ingan­no e causar­ci talo­ra anche dan­ni facen­do­ci super­are in ecces­so il nos­tri lim­i­ti lim­i­tan­do la capac­ità di ascoltar­ci sul serio.

Per ogni pos­tu­ra la por­ta d’accesso esiste, il cor­po ener­geti­co la conosce bene la stra­da, è sta­ta bat­tuta in prece­den­za forse più volte di quan­to non si ricor­di ma bisogna esser­ci. Come spie­ga­to da Francesco Ama­to non è cosa sem­plice e richiede grande impeg­no ed ener­gia ded­i­ca­ta. E per aver­la ques­ta ener­gia e impeg­no la pri­ma, prim­is­si­ma cosa da fare è: non dar­la mai per scon­ta­ta. Va invece colti­va­ta, pro­tet­ta e desiderata.

Colti­va­ta con un lavoro serio e con­tin­u­a­ti­vo, per questo con­siglio di ascoltare le lezioni online di Edu­cazione Evo­lu­ti­va per aumentare la nos­tra vera con­sapev­olez­za non quel­la che ci piace sven­to­lare in giro come un tro­feo e che ci spun­ta sul­la pun­ta del­la lin­gua e nel­la mente come un dato acquisi­to e cer­to. Pro­tet­ta sig­nifi­ca che nel­la nos­tra vita dob­bi­amo impara­re a fare a meno di un sac­co di azioni mec­ca­niche spac­ciate mag­a­ri per utili, che siano emo­tive, men­tali o fisiche che fac­ciamo in realtà sen­za neanche accorg­ercene, spes­so imposte dagli altri e dal comune” bon ton inte­ri­ore”, un po’ come fare pulizie nell’armadio. Desider­a­ta: ebbene si, sen­za questo deside­rio di conoscere e toc­care il sacro non vi è modo di procedere.

Ques­ta pos­si­bil­ità di accedere alla por­ta del­la pos­tu­ra e per­cor­rere una stra­da ben bat­tuta che è anco­ra impres­sa nel­la memo­ria del nos­tro cor­po ener­geti­co sen­za trovare intop­pi legati alla recente man­ca­ta attiv­ità fisi­ca las­cia sen­za parole. Come dice Van­na Adorni maes­tra di yoga nel­la sua squisi­ta sem­plic­ità; “il cor­po sa”  e anco­ra come dice­va la mia maes­tra di Ike­bana del cuore Camil­la Bea “non esiste nel­lo yoga una vera e pro­pria sep­a­razione tra prin­cipi­anti ed esper­ti”; la prat­i­ca, quel­la vera, ha dei tem­pi diver­si da quel­li che cre­di­amo di conoscere; potrem­mo aver prat­i­ca­to per vite intere e non saper­lo ma sen­tir­ci attrat­ti dalle pos­ture come se la aves­si­mo sem­pre prat­i­cate come invece prati­care da anni e anni sen­za rag­giun­gere un sen­tire pro­fon­do deg­no di questo nome per­ché sem­plice­mente c’è anco­ra tan­ta stra­da da fare.

Non è esat­ta­mente la stes­sa cosa con le comu­ni attiv­ità moto­rie. Bisogna rimet­ter­si in for­ma per arrivare ad avere la stes­sa capac­ità di cor­rere per fare un esem­pio di quan­do lo si face­va quo­tid­i­ana­mente. La mec­ca­ni­ca mus­co­lare e arti­co­lare segue un per­cor­so appun­to mec­ca­ni­co fat­to alla fine di reazioni chimiche sequen­ziali indotte e facil­i­tate dal mec­ca­n­is­mo in sé. Cer­ta­mente la volon­tà e il deside­rio inter­no potran­no sem­pre fare pic­coli mira­coli, non far­ci sen­tire la fat­i­ca mag­a­ri e anche lim­itare qua­si a zero l’affaticamento mus­co­lare e la pro­duzione di aci­do lat­ti­co dopo uno sfor­zo par­ti­co­lar­mente grande.

Si trat­ta in questi casi di un mec­ca­n­is­mo ener­geti­co inter­no, di una sor­ta di ser­ba­toio di ris­er­va alla quale nor­mal­mente non si accede. Un ser­ba­toio di ener­gia talo­ra mai usato ma che è in ver­ità assai pro­fon­do e utile anche per fare quel­lo che si definisce il salto di otta­va (vedi lezione sul­la legge del 7). Si trat­ta del­la stes­sa Ener­gia che scat­ta in momen­ti dram­mati­ci e che per­me­tte un com­por­ta­men­to qua­si sovrau­mano o eroico di col­oro che vi acce­dono. Un mec­ca­n­is­mo nar­ra­to nelle leg­ende e che attinge infat­ti ad alti ide­ali inte­ri­ori che mag­a­ri non sape­va­mo di contenere.

Un’energia che con­te­ni­amo al nos­tro inter­no e come un seme che non aspet­ta altro che la pos­si­bil­ità di emerg­ere ed ele­var­ci ma che ci dimen­tichi­amo trop­po spes­so di con­tenere, fig­uri­amo­ci di usare!

 

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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