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Iniziare o finire con le torsioni?

A propos­i­to di quali siano le pos­ture ide­ali per iniziare e, per cosi dire, “riscal­dare” la mus­co­latu­ra e preparar­ci ad entrare con sci­oltez­za e pro­fon­dità nelle pos­ture di una ses­sione di yoga, il mae­stro Philippe de Fal­lois pro­pone sem­pre durante i suoi sem­i­nari inten­sivi con ses­sioni del­la dura­ta di 3 ore al mat­ti­no e 3 ore al pomerig­gio,  un numero di 4 tor­sioni com­plete del rachide per lato da supi­ni, il cui nome è a mio parere impro­nun­cia­bile Jathara Pari­var­tanasana, nel­la preparazione iniziale del­la ses­sione del mat­ti­no.  Queste tor­sioni da supi­ni cen­trate sul trat­to lom­bare ven­gono ese­gui­te con estrema lentez­za e pre­ci­sione,  sia nell’entrata che in usci­ta e con almeno 10 respiri com­pleti da eseguire una vol­ta rag­giun­ta la tor­sione mas­si­ma in pos­tu­ra. Mi ricor­do che all’inizio ques­ta prat­i­ca mi pro­duce­va una dolen­zia in regione gas­tri­ca ed epat­i­ca che grad­ual­mente nel cor­so del tem­po sono scom­par­si come se attra­ver­so un mas­sag­gio vis­cerale pro­fon­do aves­si elim­i­na­to ten­sioni interne residue.

La sola prat­i­ca delle tor­sioni mat­tutine durante i sem­i­nari inten­sivi richiede­va un tem­po ded­i­ca­to di cir­ca 20 minu­ti, un tem­po non pro­poni­bile nelle nor­mali lezioni di 60 minu­ti fig­uri­amo­ci in una prat­i­ca mat­tuti­na quo­tid­i­ana che spes­so ha un tem­po assai infe­ri­ore. Un’esperienza che per­sonal­mente ho trova­to indi­men­ti­ca­bile e che oggi riten­go una sor­ta di unguen­to e medica­men­to capace di sciogliere ten­sioni e rigid­ità pro­fon­da­mente nascoste nel cor­po, nell’emotivo e nel­la mente.

Per chi volesse sper­i­menta­re ques­ta tor­sione da supi­ni, seg­na­lo le brac­cia aperte a croce con i pal­mi riv­olti al suo­lo, che insieme a tut­to il torace restano ben ader­en­ti al suo­lo, come pun­to fer­mo. Il baci­no si soll­e­va con gambe pie­gate e si spos­ta ver­so un lato di cir­ca 15 cm per poi ruotare grad­ual­mente e lenta­mente dal lato oppos­to dis­eg­nan­do con i pie­di ( che non saran­no comoda­mente appog­giati a ter­ra) un cer­chio più ampio pos­si­bile,  le gambe sono soll­e­vate più pos­si­bile da ter­ra e sono solo leg­ger­mente pie­gate e unite. Rag­giun­ta la rotazione mas­si­ma saran­no appog­giate a ter­ra, si cer­ca di non perdere mai l’aderenza del torace e delle spalle e brac­cia al suo­lo, accen­tuan­do  la spremi­tu­ra vis­cerale attra­ver­so la res­pi­razione pro­fon­da.  Il rien­tro si effet­tua con una iniziale rotazione del capo  dal lato oppos­to alle gambe e una aumen­ta­ta spin­ta delle brac­cia al suo­lo di sta­bi­liz­zazione, richia­man­do una rotazione di rien­tro lenta in gra­do di recrutare atti­va­mente i mus­co­lo trasver­so e obliquo dell’addome.

Un argo­men­to quel­lo delle tor­sioni che spes­so la med­i­c­i­na fisi­ca e riabil­i­ta­ti­va del­la colon­na scon­siglia rite­nen­dola peri­colosa a pri­ori. L’equivoco è basato sul­la con­fu­sione tra rotazione e tor­sione. Non si trat­ta del­lo stes­so prin­ci­pio moto­rio. La forza nelle rotazioni segue  un uni­ca direzione appun­to cir­co­lare,  se ese­gui­ta con veloc­ità  e inter­rot­ta brus­ca­mente é capace di scatenare una forza tan­gente poten­zial­mente peri­colosa, in quan­to capace di scari­care una forza ecces­si­va e poco con­trol­la­ta sui tes­su­ti organi­ci cau­san­do talo­ra lesioni anche severe.

Nelle tor­sioni yogiche il ful­cro del­la rotazione avviene sem­pre sta­bi­liz­zan­do uno dei due cin­goli;  che siano le spalle oppure il baci­no ed è pro­prio ques­ta sta­bil­ità del cen­tro a con­ferire al movi­men­to di tor­sione la sua sicurez­za in quan­to il movi­men­to é sem­pre por­ta­to a com­pi­men­to attra­ver­so una doppia forza con­trap­pos­ta. Da un lato la forza sta­bi­liz­za­trice del cin­go­lo sul quale si sceglie di fare per­no, se user­e­mo il cin­go­lo supe­ri­ore come per­no poten­zier­e­mo la con­trazione dei rom­boi­di pos­te­ri­or­mente, se user­e­mo il cin­go­lo infe­ri­ore come per­no sta­bi­lizzer­e­mo con tut­ti gli addom­i­nali, un lavoro che oggi viene defini­to ” core stability”.

La tor­sione inoltre pro­gre­disce sem­pre dal’basso ver­so l’alto con un’azione poten­te­mente anti­grav­i­taria che con­ferisce elas­tic­ità dei lega­men­ti pro­fon­di inter­ver­te­brali e la pos­si­bil­ità di idratare e volu­miniz­zare i dis­chi inter­ver­te­brali per la loro natu­ra idro­fil­i­ca (capace di richia­mare liq­ui­di come una spugna). Pos­si­amo quin­di com­pren­dere quale sia la pro­fon­da e inten­sa azione ter­apeu­ti­ca del­la tor­sione sul­la colon­na ver­te­brale nel suo insieme. A questo prezioso lavoro si asso­cia una com­pres­sione degli organi addom­i­nali che inevitabil­mente si accom­pa­gna ad una sti­mo­lazione ner­vosa parasim­pat­i­ca. Otter­re­mo un rilas­sa­men­to del­la mus­co­latu­ra lis­cia intesti­nale e un aumen­to del­la vas­co­lar­iz­zazione vis­cerale pro­fon­da. Aspet­ti tutt’altro che irril­e­van­ti che si otten­gono anche dal­la prat­i­ca di Udyana Bandha.

Ecco per­ché le tor­sioni yogiche ven­gono comune­mente ese­gui­te da prat­i­can­ti esper­ti: per­chè sono dif­fi­cili da eseguire cor­ret­ta­mente. Pos­sono per questo moti­vo con­clud­ere con inten­sità una lezione di Hatha Yoga. Esiste non a caso un’infinità di vari­anti  in rotazione di pos­ture fon­da­men­tali con­siderati pilas­tri del­lo yoga. In pie­di, Parivrt­ta Trikonasana  e  Parivrt­ta Par­vakonasan, Parivrt­ta Utkatasana sono molto prat­i­cate dal­la scuo­la del Mae­stro Yjen­gar.  Tra le tor­sioni più prat­i­cate e conosciute abbi­amo  Marichyasana,  pos­si­bile anche appog­gian­do il gomi­to anziché la mano per poten­ziare la rotazione entran­do in Meru­vakrasana; la più conosci­u­ta è Mat­syen­drasana solo appar­ente­mente facile e per il quale è nec­es­saria mol­ta prat­i­ca e controllo.

Infine per i prat­i­can­ti esper­ti le numerossime e meno conosciute  vari­anti di pos­ture fon­da­men­tali, fra cui  Parivrt­ta Paschi­mot­tanasana, Parivrt­ta Janu Sir­sanana, Parivrt­ta Pad­masana e Sukkasana. In ginoc­chio Parivrt­ta Ustrasana, Parivrt­ta  She­lasana e Bal­asana. Da proni Parivrit­ta Bujan­gasana e, per finire, le dif­fi­cilis­sime tor­sioni delle pos­ture capo­volte Parivrt­ta Halasana, Parivrt­ta Salam­ba Sar­van­gasana e le vari­anti in rotazione di Sir­sasana. Queste pos­ture in rotazione sono poten­tis­sime e non solo acro­batiche come potrebbe sem­brare a pri­ma vista, se prat­i­cate nel­la gius­ta sequen­za sono capaci di con­ferire una gran­dis­si­ma ener­gia alla già potente pos­tu­ra clas­si­ca e sono quin­di ottime per con­clud­ere una lezione di yoga impeg­na­ti­va ed elaborata.

La tor­sione yog­i­ca è quin­di grande­mente dut­tile le sue pos­ture basiche da supi­ni, da proni e da sedu­ti pos­sono aprire una lezione e le sue pos­ture più com­p­lesse  pos­sono ter­mi­narla, in entram­bi i modi l’azione del­la tor­sione se ben fat­ta e con la gius­ta tem­p­is­ti­ca e atten­zione è estrema­mente pro­fon­da e attinge alla nos­tra ener­gia pro­fon­da andan­do a lavo­rare simul­tane­a­mente sul­la colon­na ver­te­brale e sui vis­ceri addominali.

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Catherine Bellwald
Catherine Bellwald
Medico, Fisiatra, Agopuntrice, Istruttrice Yoga Alliance YACEP, E-RYT 200, RYT500

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