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Da molti chiamata Chakrasana (la ruota) oppure Urdha Danurasana (arco verso l’alto), ma anche volgarmente conosciuta come il ponte. Una postura intensa e forte che i bambini assumono facilmente per giocare in virtù della flessibilità articolare della loro giovane colonna vertebrale. Con il passare degli anni invece si tende a non praticarla più per l’intensa estensione dell’intera colonna ma non solo, essendo richiesta estrema scioltezza delle anche, delle spalle e anche dei polsi. Una postura che insieme a molte estensioni della colonna viene spesso anche sconsigliata in caso di discopatie vertebrali e rigidità della colonna.
Quale è il vero pericolo? Ebbene in caso di discopatie lombari franche il rischio in effetti é quello di pinzare il disco durante l’estensione, si tratta di una circostanza talmente dolorosa che in pochi si cimentano in tale direzione rifiutando sistematicamente le estensioni anche molto più lievi e benefiche e favorendo le flessioni in avanti del tronco. Le flessioni favoriscono l’apertura del muro posteriore delle vertebre ecco che a un apparente sollievo del dolore pressorio, si accompagna la possibilità di peggiorare la discopatia. La porzione di disco che protrude durante i movimenti di flessione è invitata a scivolare ancora di più, un pò come un hamburger dal suo panino il tutto senza sentire dolore in quanto è ridotta la pressione sul tessuto discale spesso già notevolmente infiammato.
Oserei dire che l’estensione della colonna vertebrale (alcuni testi la chiamano retroflessione ) non é pericolosa di per sè anzi è il fulcro della sua salute e guarigione ma deve essere fatta con grande attenzione e rigore. La prima attenzione è che non si deve mai estendere forzatamente e bruscamente soprattutto partendo da una condizione di chiusura e flessione del torace e rilassamento addominale. L’iperlordosi lombare tanto quella cervicale non sono estensioni attive ma condizioni patologiche del rachide e questo è il punto focale del discorso. Senza una solida tenuta dell’addome l’estensione lombare diventa “iperlordosizazione” e lo stesso concetto vale per l’estensione cervicale senza una apertura toracica stabile e forte, entrambi i movimenti diventano potenzialmente dannosi
Ne consegue che una postura come Chakrasana non é consigliata ai praticanti esperti ma solo a coloro che hanno conseguito sia una forza nell’apertura ed estensione toracica che un controllo addominale stabilizzante, oltre che conservato una flessibilità articolare delle grosse articolazioni e della colonna vertebrale in assenza di patologie erniarie e discopatiche di rilievo.
Pertanto dedicherò ampio spazio nei prossimi post alla trattazione delle posture in estensione semplici e fondamentali utili non solo per arrivare a praticare questa postura ma che personalmente ritengo il fulcro della salute della colonna vertebrale e della struttura di una buona lezioni di yoga. Solo con una buona apertura del torace riusciremo a respirare a fondo, sfruttando bene tutto lo spazio polmonare e ottimizzare l’entrata non solo di ossigeno ma anche del prana. Con l’apertura toracica rinforziamo la tendenza a ripiegarci su noi stessi davanti a qualunque strumento elettronico catturi il nostro prezioso tempo. Con l’apertura toracica riusciamo come descritto in Tadasana a mantenerci eretti nonostante le avversità e la stanchezza e senza perdere mai di vista l’orizzonte degli eventi che ci circondano e con esso la certezza che è il Cuore la nostra vera guida.
A proposito di cuore per salire in postura dopo avere eseguito un perfetto mezzo ponte chiamato Setu Bandha Sarvangasana oppure Setu Bandhasana e posizionato le mani sotto alle spalle con i palmi rivolti al suolo; il vero trucco per riuscire a staccarsi dal suolo senza fatica è proprio quella dell’apertura del cuore che possiamo immaginare come un palloncino che si alza verso l’alto liberandoci dalla chiusura. L’aspetto mentale di leggerezza interiore è più importante della forza fisica delle nostre braccia che comunque una volta in posizione devono sostenere parecchio peso per estendersi completamente.
Sconsiglio il passaggio intermediario facilitato dall’appoggio del capo al suolo sia in salita che in discesa, in quanto lo trovo decisamente pericoloso appunto per il tratto cervicale che rischia il sovracarico. Semplicemente se non si riesce ad alzarsi vuol dire che non è ancora il momento per farlo da soli e senza aiuti. Potrà essere utile lavorare attentamente sul mezzo ponte e sulle numerose posture in estensioni di base alle quali destineremo i prossimi post.
E molto utile anche visualizzarsi nella postura finale oltre che sentire il nostro cuore in espansione come se fosse lui a sollevarci dal suolo. Personalmente credo anche che quella leggerezza di quando da bambini si giocava sulla sabbia sia un’energia e una qualità che dovremmo cercare di ricordare e coltivare in quanto appartiene al regno del magicamente possibile e funziona.