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“Lo yoga non può nuocere”. E’ quanto spesso si sente dire con convinzione da molti maestri di yoga e di Pilates e come tutte le cose vere è vero anche il suo contrario!
Yoga e Pilates in un soggetto giovane allenato e sano sono una cosa, una cosa è praticare con attenzione, lentezza e consapevolezza e tutt’altra cosa quando abbiamo fretta, cadiamo interamente nell’ego oppure nel confronto e soprattutto quando non ci ascoltiamo. Inoltre il discorso aumenta nei soggetti con disturbi già ben strutturati, il rischio è quasi del tutto indipendente dall’età e dipende verosimilmente dallo stile di vita di chi pratica e dalle condizioni fisiche e psichiche non idonee ad alcune asanas. Fra i problemi più comuni abbiamo le discopatie lombari, termine generico con il quale si indica la sofferenza di uno o più dischi intervertebrali in regione lombare. Yoga e Pilates sono da molti considerati vere e proprie terapie e possono essere consigliati in maniera generica come rimedio per la salute della schiena. L’idea è quella di potenziare la muscolatura e migliorare la nostra postura generale, oppure migliorare la nostra rigidità e rilassare la nostra tensione muscolare.
Nulla di sbagliato in verità; esistono tuttavia posture ed esercizi ai quali è necessario stare molto attenti in caso di discopatie lombari. Come fisiatra scrivo appassionatamente su questo argomento, sottolineando come fare ad entrare in posture anche complesse senza rischi. In questo post a richiesta di una cara amica ed insegnante di yoga andremo ad elencare tutte le posture ed esercizi Pilates da non sottovalutare in soggetti con discopatie conclamate oppure che lamentano disturbi lombari anche di recente insorgenza.
Partiamo con Il classico Dandasana o postura del bastone, ovvero seduti con entrambe le gambe tese e il busto a 90°; dovrà essere fatto rigorosamente con gambe flesse anche di pochi gradi, meglio con rotolino sotto le ginocchia, ed eseguita con grande attenzione rivolta alla regione lombare che deve restare attivamente sostenuta verso l’alto. Questa postura e tutte le varianti in discesa verso le gambe tese anche aperte andrebbero rigorosamente evitato in fase di dolore (soprattutto se irradiato a una gamba) e in mancanza di esercizi di compensazione. La discesa in avanti per allungare e distendere la regione lombare e il quadrato dei lombi può essere fatta con cautela con entrambe le gambe piegate oppure piegandone almeno una in Janu Sirsasana; in questa maniera la regione lombare viene scaricata dalla pressione della discesa.
Come è sconsigliata la discesa del busto in avanti è da evitare nelle discopatie lombari anche la salita delle gambe tese, vedi Navasana o postura della barca e in tutte le sue varianti. Oserei dire che questa apparentemente innocua postura spesso fatta per irrobustire gli agognati addominali é decisamente pericolosa in assenza di una buona cintura addominale e di una robusta muscolatura estensoria del dorso. Il rischio è che si carichi tutto lo slancio della salita solo in regione lombare.
Lo stesso identico discorso vale per il passaggio nelle inversioni classiche (vedi post). Halasana e Salamba Sarvangasana, senza un’adeguata preparazione, sono purtroppo anche loro un grosso rischio soprattutto se l’entrata ovvero il distacco dei lombi dal pavimento viene fatto con uno slancio anziché con un adeguato controllo addominale e lo stesso per la discesa dei lombi al suolo. Anche in questo caso il rallentamento del passaggio in inversione focalizzandoci bene sul controllo addominale anziché sulla spinta e le ginocchia ben piegate eviteranno che il carico finisca esclusivamente in regione lombare sui dischi già sofferenti.
Abbiamo poi Adho Mukha Svanasana (vedi post) conosciuta come la V rovesciata molto usata e molto rischiosa per la regione lombare soprattutto se praticata in apertura della lezione come nel saluto al sole e nella pratica mattutina detta dei 5 tibetani. Di nuovo ci troviamo nella stessa condizione di sovraccarico lombare delle altre posture già segnalate sopra ovviamente quando le gambe sono tese e la regione lombare compromessa. E’ necessario iniziare con le ginocchia rigorosamente piegate. Lo stesso discorso vale per Uttanasana e tutte le sue varianti, ovvero nella discesa del busto sulle gambe tese in piedi, posture nuovamente da evitare oppure da fare con gambe piegate e attenzione mirata.
Non si tratta di posture da evitate per sempre, (“per sempre” non lo concepisco… a prescindere!) ma da inserire gradualmente con le dovute correzioni e attenzioni. Parallelamente si deve lavorare su altre posture con un obiettivo primario: rinforzare la cintura addominale non già facendo dei crunch senza alcun controllo ma richiamando l’ombelico ad ogni respiro durante ogni singola postura e insistere sul reclutamento attivo della muscolatura antigravitaria superficiale e profonda del tronco attraverso esercizi mirati. Si tratta di strutturare una forza interna che con la vita sedentaria perdiamo gradualmente.
Un lavoro che richiederebbe un impegno quotidiano anche con solo 2 o 3 posture di apertura del torace ben selezionate sulle proprie esigenze individuali, vedi post sull’apertura del torace. Queste posture ed esercizi di apertura del torace quotidiani insieme al respiro yogico che dovrebbe durare per l’intera lezione di yoga e non pochi minuti qua e là, sono il modo per entrare anche in posture più complesse senza danneggiare la colonna.
Ecco che, con pazienza e volontà, potremo un passo alla volta avanzare e sarà possibile all’interno di una lezione ben equilibrata e strutturata, inserire gradualmente anche tutte le posture sopracitate aumentando di volta in volta la difficoltà e il tempo di permanenza. Un lavoro che può richiedere anni e che necessita di grande attenzione e capacità di ascolto e ovviamente di costanza e dedizione mirate.